
È possibile vivere in un mondo in cui da una parte abbiamo una cultura che vuole le donne coperte interamente e a cui si fatica vedere perfino gli occhi fuori dal burka e un’altra in cui abbiamo delle atlete che sono obbligate a portare delle divise così succinte da essere perennemente in imbarazzo e scomode?
Sì, nel nostro mondo purtroppo sì.
La cultura patriarcale a quanto pare non ha limiti e come per molti altri aspetti, siamo di fronte ad estremi che se guardati senza un minimo di empatia fanno quasi ridere.
Sono anni che osservo questi fenomeni allibita dal fatto che ancora nel XXI secolo siamo costretti ad essere testimoni di palesi discriminazioni sessuali senza però intervenire in nessun modo.
Quindi potrete capire la mia felicità quando ho assistito alle proteste di atlete come le giocatrici di pallamano da spiaggia norvegesi e le ginnaste germaniche.
Non sapete di cosa sto parlando? Nessun problema, vi aggiorno io!
La notizia più recente è quella che vede protagonista la squadra di pallamano da spiaggia norvegese, che agli ultimi campionati europei ha deciso di indossare dei pantaloncini al posto della decisamente più succinta divisa imposta dalla federazione. Questa presa di posizione non è passata indenne: la squadra è stata infatti multata per un valore di 150 euro a giocatrice, con un totale quindi di 1500,00 euro. La motivazione: “abbigliamento inappropriato”. Il regolamento della Federazione Internazionale infatti prevede che la divisa sia composta da un bikini “aderente, con un angolo verso l’alto, verso la parte superiore della gamba”.

Ma andiamo a vedere invece la divisa degli uomini? Guarda caso per loro il corpo è scoperto solo per circa il 30%. Le squadre maschili infatti indossano canottiera e pantaloncini che possono arrivare addirittura sotto il ginocchio.

Come si spiega? Tre parole: SESSUALIZZAZIONE DELLE ATLETE.
E la multa che è stata rilasciata non può che essere oltraggiosa, tanto da scatenare non poche polemiche nel mondo dello sport e non. La ex campionessa di tennis Billie Jean King ad esempio si è schierata con le atlete norvegesi, così come il club di pallamano britannico dell’Università di Bath che rilancia la protesta dichiarando che la discriminazione data dalla divisa è tale da impedire a molte donne di intraprendere questo sport.
A supporto della squadra norvegese è arrivata anche la cantante Pink, da sempre testimone in molte campagne contro la discriminazione sessuale, ha espresso il suo orgoglio verso le atlete dicendo di non piegarsi alla Federazione e che al pagamento della multa avrebbe pensato lei.
Trasferiamoci ora alle qualificazioni per le finali olimpiche di ginnastica artistiche in cui la “guerra all’ideale di campionessa-oggetto” è cominciata con le atlete della nazionale tedesca che ha rifiutato di indossare il tradizionale body, presentandosi invece con delle (bellissime) tute stretch lunghe fino alle caviglie. A dirla tutta questa non è stata la prima volta che hanno indossato questa nuova divisa, la nazionale tedesca ha infatti sfoggiato la tuta lunga agli Europei di Ginnastica che si sono svolti in aprile 2021.

In ogni caso sono assolutamente le prime ad aver cambiato le carte in tavolo e vi posso assicurare che da ex ginnasta mi trovo completamente d’accordo con loro, non solo per l’aspetto idealistico, bensì perché ho provato la sensazione di esibirmi con quelle tutine striminzite. Sono colma di foto e video di me impegnata a sistemare il body che mi entrava nelle chiappe!

Notare la mano che sta sistemando il body
Per non parlare del periodo dell’adolescenza in cui ogni ragazzina è impegnata in una dura lotta di accettazione del proprio corpo in fase di enorme cambiamento. Gli ormoni che esplodono facendo esplodere anche parti del tuo corpo che non riconosci e di cui non senti quasi il controllo, ad esempio. Benissimo in tutto questo almeno una o due volte al mese devi passare giornate intere con un micro-body che mostra tutti questi cambiamenti, che tu non hai ancora imparato ad apprezzare, e che se solo hai un chiletto in più sulle chiappe questo viene esaltato come se i chili in più fossero 100.
E il seno? Ah beh, c’è da pregare che non sia troppo prosperoso perché oltre ad essere un impedimento nell’esecuzione stessa dell’esercizio, può essere fonte di grande imbarazzo con tutine che devono essere uguali per tutti i componenti della squadra che racchiude bambine e ragazze con le loro inevitabili differenze.
Quindi la prossima volta che a qualcuno viene da pensare che la protesta cominciata da queste atlete sia futile, che sia l’ennesima presa di posizione di un gruppo di femministe convinte, bene, a questa persona chiedo di provare una sola volta la sensazione di sentirsi in imbarazzo davanti a centinaia di occhi. Ah, e non dimenticate di sorridere!
Inoltre mi permetto di suggerire un’altra modalità di protesta: se tra gli atleti maschili ci fosse qualcuno solidale con le colleghe donne, sarebbe bello che si palesasse, magari indossando una divisa regolare femminile… una cosa così insomma:

Sarei proprio curiosa di vedere la reazione mondiale!
Lady f.