16 aprile 1746. La Battaglia di Culloden e le Clearances delle Highland

Questa data segna l’inizio di uno dei periodi più dolorosi della storia della Scozia.

Oggi, per commemorarne i 275 anni, vi porterò nel XVIII secolo un tempo segnato da sommosse, ribellioni, battaglie sanguinose e controversie che si concluderà con la tragica battaglia di Culloden che cambierà la comunità e l’infrastruttura nelle Highland per sempre.

Ma cominciamo dal principio. Tutto inizia con Giacomo VII (come lo chiamano in Scozia) o Giacomo Secondo (come è conosciuto in Inghilterra), l’ultimo monarca cattolico a governare i regni di Inghilterra, Scozia ed Irlanda. In seguito all’invasione del genero protestante e della destituzione dal trono, Giacomo è costretto all’esilio in Francia. Il visconte Henry Dundas, il più zelante sostenitore scozzese di Giacomo, raduna delle truppe e avvia un’azione militare contro le forze di Guglielmo e Maria. Scoppia quindi la prima rivolta giacobita, ma non ha molto seguito. Nel 1707 i due regni di Scozia ed Inghilterra vengono uniti con grande sgomento di quanti sostenevano la causa di Giacomo VIII o Giacomo III il quale cerca di reclamare il trono due volte nel 1708 e nel 1715. Nel 1719 i giacobiti trovano un alleato nella Spagna. Non essendo riuscito a persuadere il governo francese ad impegnarsi in un’altra invasione, il principe Carlo, chiamato “il giovane pretendente” o “Bonnie Prince Charlie”, decide di finanziare la sua insurrezione. Naviga dalla Francia alla Scozia e arriva nelle Ebridi esterne nel luglio 1745 da cui ripartire per attraversare le Highland e radunare un esercito giacobino. Non tutti i clan però si uniscono alla causa giacobita e proprio per questo non si può parlare di una ribellione nazionale; tuttavia furono moltissime le persone che decidono di unirsi al Bonnie Prince Charlie. Con il suo esercito marcia verso sud con l’intenzione di entrare a Londra e le vittorie e i successi delle forze giacobite crescono di giorno in giorno. Charlie e i suoi conquistano prima Edimburgo ed infine quasi 10.000 uomini giungono a Derby, poco distante dalla capitale inglese, ma poi la situazione si ribalta: piano piano il morale delle truppe inizia a calare, complici un rigido inverno, la carenza di provviste e la lontananza da casa. È a questo punto che viene presa la decisione più sbagliata che segnerà tutte le mosse future. Si ordina infatti di tornare a nord, in una lunghissima marcia al freddo, nella neve, nel fango, sotto il costante attacco degli inglesi che spingono l’esercito giacobita sempre più a nord.

Arriviamo dunque alla fatidica battaglia il 16 aprile 1746 in una brughiera paludosa chiamata Culloden. Un esercito di circa 5400 giacobini si prepara ad un brutale ed inesorabile scontro con i più di 8000 soldati inglesi. Si conclude nel giro di poche ore una vera e propria carneficina per la parte scozzese: senza nessun consiglio di guerra, infatti, le truppe giacobite vengono letteralmente spedite incontro alla morte. Gli scozzesi si schierano su due linee, la cavalleria meno di 200 elementi, ai lati e 12 vecchi cannoni leggeri davanti alle truppe. Gli inglesi invece possono contare su un gruppo nettamente più numeroso di cavalleria e anche su più cannoni e mortai. A mezzogiorno, sotto una pioggia battente, le truppe governative avanzano ordinatamente sul campo di battaglia e prendono posizione, le cornamusa scozzesi iniziano a suonare sfidati da rullo dei tamburi inglesi; i piccoli cannoni giacobiti fanno fuoco ma non provocano danni, al contrario la forte artiglieria pesante di Cumberland spezza subito le linee scozzesi che ricevono però l’ordine di mantenere la loro posizione. Il Bonnie Prince Charlie è troppo distante per vedere i danni provocati nelle prime linee e ordina di attaccare.

Rievocazione della carica giacobita

Quasi un’ora dopo infine ha inizio la carica giacobita. Gli scozzesi avevano da sempre usato la carica come tattica di battaglia sorprendendo il nemico ed aggredendolo selvaggiamente, puntando sulla velocità che permetteva di raggiungere le linee avversarie ricevendo solo una carica di fucile o al massimo due prima di scontrarsi corpo a corpo. Una tattica che si era quasi sempre rivelata vincente ma non in questa occasione: il vasto campo aperto, il terreno estremamente paludoso e la potenza del fuoco nemico hanno la meglio sulla velocità, sulla forza e sulla ferocia degli Highlander che avanzano disordinatamente e troppo lentamente, rimanendo esposti al fuoco dei moschetti troppo a lungo. La battaglia è violenta e brutale e si conclude come detto nel giro di solo un’ora. Sul campo insanguinato di Culloden giacciono circa 1250 morti  giacobiti e altrettanti erano feriti; 376 vengono fatti prigionieri. Le truppe inglesi perdono solo 50 uomini e 300 rimangono feriti al termine dello scontro. Il duca di Cumberland ordina di sterminare immediatamente tutti i feriti agonizzante sul campo di battaglia, di rincorrere ed uccidere i fuggiaschi e di non risparmiare nemmeno i civili, donne i bambini che offrono aiuto e riparo ai giacobiti sconfitti. Molti di questi vengono catturati e portati in Inghilterra, stipati in prigioni disumane e torturati, affamati, umiliati, lasciati a morire di stenti.

Hanno giurato di combattere e morire per il loro bel principe e così avviene.

Riesci a sentirli, riesci a vederli marciare con orgoglio attraverso la brughiera? Senti il vento soffiare attraverso la neve alla deriva? Dimmi, riesci a vederli i fantasmi di Culloden?

[…] Spade e baionette si schiantano – da uomo a uomo si scontrano. Sono venuti per combattere, per vivere e ora muoiono.

– The Ghost of Culloden –

A seguito delle barbarie commesse durante e dopo la battaglia al duca di Cumberland viene dato il soprannome di “macellaio”.

936 giacobiti vengono deportati nelle colonie americane o nelle Indie occidentali; 120 vengono condannati a morte e 1287 vengono liberati. Molti altri muoiono in prigione o in mare.

E il principe Charlie? Lui riesce a fuggire mettendonsi in salvo a seguito di una lunga fuga in lungo in largo per la Scozia e aiutato da Flora McDonald la cui storia potete conoscere nel mio episodio PodCast a lei dedicato.

La famosa canzone popolare “the Skye Boat song” narra proprio di questa fuga e di come il principe sia riuscito a tornare a Roma dove poi morirà vecchio, depresso ed alcolizzato.

La Scozia ne esce definitivamente vinta e umiliata: l’indipendenza perduta, la Chiesa cattolica brutalmente perseguitata. Nelle Highland negli anni che seguono il governo inglese mette in atto un vero e proprio tentativo di repressione totale della cultura gaelica scozzese e di sottomissione degli abitanti. L’intenzione è di spezzare la volontà e l’orgoglio di questo popolo. Per prima cosa occorre smantellare il sistema dei clan ed eliminare il simbolo della cultura gaelica: vengono così banditi i kilt, il tartan, le cornamusa e l’uso della lingua gaelica. I clan vengono sciolti e privati delle loro proprietà, si anglicizzano i nomi delle persone e dei luoghi ed infine si attuano le cosiddette “clearances”: delle vere e proprie pulizie etniche che durano approssimativamente dal 1750 al 1880. Durante questi anni moltissimi scozzesi sono costretti ad abbandonare le loro case per far spazio all’allevamento delle pecore emigrando in America spostandosi sulla costa.

Consiglio il libro in foto: molto accurato.

Il luogo della battaglia viene affidato al lealista Duncan, rimanendo proprietà della famiglia per i successivi 150 anni. Nel 1881 forse un erede del precedente Duncan, costruisce l’odierno Care commemorativo e fa reggere le pietre a memoria degli uomini deceduti in battaglia; vengono anche restaurati i due antichi coat presenti sul campo.

Monumento ai caduti

Ma se qualcuno cerca di conservare questo luogo, altri sembrano far di tutto per distruggerlo. Nel 1930 infatti viene costruita nel bel mezzo del campo un edificio con sala da tea e pompa di benzina; fortunatamente nel 1931 si forma “the National Trust of Scotland”, ovvero l’ente nazionale che cura i siti storici e culturali, che si batte per proteggere il Culloden Battlefield.

Grazie alla gentile donazione di parti di terreno fatta da proprietari terrieri si riusce a recuperare parte dell’antico campo di battaglia, anche se una grandissima parte rimane ancora in mano a privati. A seguito di scavi archeologici avvenuti nel 2004 nel 2005 si è scoperto che il centro visitatori sorgeva sulla seconda linea dell’esercito inglese, si è provveduto quindi a spostarlo e vista l’occasione a modernizzarlo con un interessante percorso che spiega le rivolte giacobite. Attraverso dei sentieri pedonali, oggi è possibile passeggiare per Culloden Moor e vedere l’esatta ubicazione delle linee giacobite e inglesi.

Mappa dello schieramento

Visitare questo luogo è un’esperienza davvero toccante: camminare su questo campo di battaglia dove tanti scozzesi hanno perso la loro vita per i loro ideali e per la loro libertà è un’emozione fortissima che raramente passa inosservata.

Ph by Me “Chicco porge omaggio al Clan Fraser”

Lady F.

April 16, 1746. The Battle of Culloden and the Highland Clearances

English Version

This date marks the beginning of one of the most painful periods in the history of Scotland.

Today I will take you into the 18th century a time marked by riots, rebellions, bloody battles and controversies that will end with the tragic Battle of Culloden that will change the community and infrastructure in the Highlands forever.

But let’s start from the beginning. It all starts with James VII (as they call him in Scotland) or James the Second (as he is known in England), the last Catholic monarch to rule the kingdoms of England, Scotland and Ireland. Following the invasion of his Protestant son-in-law and his removal from the throne, James is forced into exile in France. Viscount Henry Dundas, James’ most zealous Scottish supporter, rallies troops and initiates military action against William and Mary’s forces. Then the first Jacobite revolt broke out, but did not have much following. In 1707 the two kingdoms of Scotland and England were united to the dismay of those who supported the cause of James VIII or James III who tried to claim the throne twice in 1708 and in 1715. In 1719 the Jacobites found an ally in Spain. Having failed to persuade the French government to engage in another invasion, Prince Charles, called “the young pretender” or “Bonnie Prince Charlie,” decides to finance his insurrection. He sails from France to Scotland and arrives in the Outer Hebrides in July 1745 from which to leave to cross the Highlands and gather a Jacobin army. Not all clans, however, join the Jacobite cause and for this reason we cannot speak of a national rebellion; however, there were a lot of people who decided to join Bonnie Prince Charlie. With his army he marches south with the intention of entering London and the victories and successes of the Jacobite forces grow by the day. Charlie and his team first conquer Edinburgh and finally nearly 10,000 men arrive in Derby, not far from the English capital, but then the situation is reversed: slowly the morale of the troops begins to drop, thanks to a harsh winter, a lack of supplies and the distance from home. It is at this point that the most wrong decision is made which will mark all future moves. In fact, it is ordered to return to the north, in a very long march in the cold, in the snow, in the mud, under the constant attack of the British who are pushing the Jacobite army further and further north. We therefore arrive at the fateful battle on April 16, 1746 in a swampy moor called Culloden. An army of about 5400 Jacobins prepares for a brutal and inexorable confrontation with more than 8000 British soldiers. A real carnage for the Scottish side ends in a few hours: without any war council, in fact, the Jacobite troops are literally sent to meet their death. The Scots deployed on two lines, the cavalry less than 200 elements, on the sides and 12 old light guns in front of the troops. The British, on the other hand, can count on a much larger group of cavalry and also on more cannons and mortars. At noon, in the pouring rain, the government troops advance neatly on the battlefield and take up positions, the Scottish bagpipes begin to play challenged by English drumming; the small Jacobite cannons fire but cause no damage, on the contrary the strong Cumberland heavy artillery immediately breaks the Scottish lines which are however ordered to maintain their position. Bonnie Prince Charlie is too far away to see the damage done in the front lines and orders to attack.

Almost an hour later the Jacobite charge finally begins. The Scots had always used the charge as a battle tactic surprising the enemy and attacking him wildly, focusing on the speed that allowed them to reach the opposing lines receiving only a rifle charge or at most two before clashing hand to hand. A tactic that had almost always proved successful but not on this occasion: the vast open field, the extremely swampy terrain and the power of the enemy fire have the better of the speed, strength and ferocity of the Highlanders who advance in disorder and too slowly, being exposed to musket fire for too long. The battle is violent and brutal and ends as mentioned in just an hour. On the bloody field of Culloden lie about 1250 Jacobite dead and as many were wounded; 376 are taken prisoner. The British troops lose only 50 men and 300 are wounded at the end of the battle. The Duke of Cumberland orders to immediately exterminate all the dying wounded on the battlefield, to chase and kill the fugitives and not to spare even the civilians, women and children who offer help and shelter to the already jacobites defeated. Many of these are captured and taken to England, crammed into inhuman prisons and tortured, starved, humiliated, left to die of starvation.

They swore to fight and die for their handsome prince and so it happens.

Following the barbarism committed during and after the battle, the Duke of Cumberland was given the nickname of “butcher”.

936 Jacobites are deported to the American colonies or the West Indies; 120 are sentenced to death and 1287 are freed. Many others die in prison or at sea.

And Prince Charlie? He manages to escape by putting himself to safety following a long flight far and wide to Scotland and helped by Flora McDonald whose story you can know in my PodCast episode dedicated to her.

The famous popular song “the Skye Boat song” tells of this escape and how the prince managed to return to Rome where he will later die old, depressed and alcoholic.

Scotland comes out definitively vanquished and humiliated: independence lost, the Catholic Church brutally persecuted. In the following years in the Highlands the English government put in place a real attempt at total repression of the Scottish Gaelic culture and subjugation of the inhabitants. The intention is to break the will and pride of this people. First, it is necessary to dismantle the clan system and eliminate the symbol of Gaelic culture: kilts, tartan, bagpipes and the use of the Gaelic language are thus banned. The clans are dissolved and deprived of their properties, the names of people and places are anglicized and finally the so-called “clearances” are implemented: real ethnic cleansing that lasted approximately from 1750 to 1880. During these years many Scots are forced to abandon their homes to make room for sheep farming by emigrating to America by moving to the coast.

The site of the battle is entrusted to the loyalist Duncan, remaining property of the family for the next 150 years. In 1881, perhaps an heir of the previous Duncan, he built today’s Memorial Care and had the stones held in memory of the men who died in battle; the two ancient coats present on the field are also restored.

But if someone tries to keep this place, others seem to go out of their way to destroy it. In fact, in 1930 a building with a tea room and petrol pump was built in the middle of the field; Fortunately, in 1931 “the National Trust of Scotland” was formed, the national body that takes care of historical and cultural sites, which fights to protect the Culloden Battlefield.

Thanks to the kind donation of parts of land made by landowners, it was possible to recover part of the ancient battlefield, even if a very large part still remains in private hands. Following archaeological excavations that took place in 2004 in 2005 it was discovered that the visitor center stood on the second line of the English army, it was then moved and given the opportunity to modernize it with an interesting path that explains the Jacobite revolts. Through footpaths, it is now possible to stroll through Culloden Moor and see the exact location of the Jacobite and English lines.

Visiting this place is a truly touching experience: walking on this battlefield where so many Scots have lost their lives for their ideals and for their freedom is a very strong emotion that rarely goes unnoticed.

Lady F.

Become a Lady – Diventare Lady

Penso che almeno una volta nella vita sia capitato ad ogni donna di sognare di diventare una principessa. Nei giochi all’asilo, in cortile, con le bambole; oppure nella pianificazione del matrimonio, in cui ogni dettaglio doveva risaltare quell’unica volta nella vita in cui avresti indossato un abito con strascico, guanti e (forse) il diadema!

Avanti, ammettiamolo: almeno una volta tutte!

Con l’andare del tempo ovviamente questo sogno svanisce nella consapevolezza che lo stato di principessa è impossibile da ottenere visto che i reali disponibili su piazza sono praticamente inaccessibili (anche se Kate e Meghan hanno un po’ incrinato questa mia certezza e quindi sto cominciando a lavorare sulla possibilità di far incontrare “spintaneamente” mio figlio con la principessa Charlotte).

Ovviamente con l’età (e la maturità? Naaaaa) si instaura anche la cognizione che lavorando sodo e costruendo una vita e una carriera appagante, non servono a niente titoli e terre!

Così gli anni passano e gli unici segni di nobiltà sono alcuni dettagli d’arredamento in casa; corone che compaiono in ogni dove dai vestiti, ai tatuaggi passando per gli accessori; serie televisive, libri e avvenimenti Royal seguiti rigorosamente obbedendo al british dresscode.

Eccomi al Matrimonio di Harry e Meghan
E qui al Matrimonio di Eugenie di York (nemmeno la malattia mi ha impedito di assistere)

…E così il diadema che ho sempre sognato di indossare (senza per forza dovermi sposare mille volte) finisce in un cassetto.

Poi però accade qualcosa.

Succede che il 13.09.2020 mio marito mi fa un regalo speciale.

Come sapete (e se non lo sapete andate a leggere il mio articolo QUI ) quest’estate sarei dovuta andare nella mia amata Scozia in vacanza con l’intento di girare tutte le Highlands e alcune isole. Purtroppo il COVID-19 ha impedito questo viaggio e per me è stato un duro colpo (nell’articolo capite perché).

Mio marito in famiglia è famoso per il fatto che non azzecca mai un regalo con me (ci tengo a sottolineare che non sono una persona materialista, anzi, ma qui si parla proprio anche del pensiero…) quindi per lui ogni avvenimento è diventato una sfida personale nel trovare il regalo perfetto.

Beh, penso proprio che quest’anno ci sia riuscito. Per il nostro 12° anniversario di matrimonio (sì, ci ha messo un po’…) mi ha fatto diventare una LADY SCOZZESE!!!

Come? Ora ve lo spiego.

Innanzitutto c’è da chiarire che a differenza della gerarchia inglese in cui il termine “Lady” indica semplicemente una donna di elevato ceto sociale, in Scozia un LAIRDS (termine scozzese per Lord) è il proprietario terriero e quindi il SIGNORE di un determinato pezzo di terra. Al femminile quindi LADY assume decisamente un valore differente rispetto al corrispettivo inglese.

Chiarito questo vi spiego l’iniziativa che mi ha fatto diventare una Lady dell’Aberdeenshire.

In Scozia da qualche anno diverse associazioni hanno cominciato a vendere lotti di terreno per preservare e proteggere le aree boschive mantenendo l’intera zona libera da qualsiasi altro uso tranne che per il pacifico godimento della terra, proteggendo così la biodiversità della flora e della fauna. L’acquisto di questi lotti e la conseguente privatizzazione del terreno impedisce la costruzione di edifici, strade e altri elementi che possono rovinare il bellissimo paesaggio tipico scozzese. Inoltre, nel caso del mio lotto, acquistando il terreno la UK Woodland Trust Charter si impegna a piantare un albero ad ogni ordine fatto così non solo si protegge il terreno, lo si ripopola anche!

Ma torniamo ora al mio titolo di Lady.

Beh, stando a ciò che c’è scritto sulla proclamazione e andando a vedere l’atto di acquisto sul sito, sono ufficialmente una Lady. Questo vuol dire che se io volessi potrei aggiungere questo titolo in tutti i miei documenti perché con l’acquisto del lotto sono diventata una proprietaria terriera e secondo un’usanza storica scozzese questo rende “Laird” e nel mio caso appunto “Lady”.

La tentazione è davvero ai massimi livelli, ma penso che mi riserverò questa goduria extra solo per i documenti per i viaggi in UK (e ovviamente per gongolare tra amici!).

Ma la cosa che più mi piace è che il terreno sarà mio per sempre e che potrà passare in eredità a mio figlio. Sapete cosa vuol dire?

La strada per l’incontro di mio figlio con la principessa Charlotte è un passo più breve!!!!

Scherzi a parte, i lotti acquistabili sono situati in diverse zone della Scozia. Il mio, come detto è nell’Aberdeenshire, una distesa di boschi composti da sorbi e frassini di fronte a Knichtland Burn a Huntly. Fiori di campo bianchi, cardi viola e svariata flora e fauna prendono vita durante la primavera e l’estate. 

Inutile dire che la prossima volta che andrò in Scozia (COVID permettendo nell’estate 2021) mi recherò al mio terreno per il quale ho un progetto bellissimo, ma che vi racconterò più avanti. Inoltre ne approfitterò per per visitare uno dei due castelli della zona: il castello di Huntly e il castello di Kildrummy, entrambi ben conservati e affascinanti.

Questa è la mia zona, ma troviamo appezzamenti anche a Dumfries e Galloway, nel NordOvest.; nella Riserva di Mountain View – Lochaber e in quella di Glencoe Wood.

Ecco, penso di avervi dato abbastanza informazioni.

Vi lascio alcuni siti da consultare:

Fatemi sapere, potremmo essere vicini di proprietà!

Ora vi lascio, vado ad allenarmi nel saluto dalla balconata… ma soprattutto vado a cercare un diadema più grande!

“ALBA Gu Bràth!” Scozia ti amo e tornerò da te!

Io agli Highlander Games che si sono svolti il 20 luglio 2019 nella mia regione

Ho come l’impressione che aver scelto Flora McDonald come protagonista del mio ultimo Podcast (se ancora non l’avete ascoltato lo travate qui ) sia stato un impulso del mio subconscio che soffre tremendamente della disdetta del viaggio in Scozia che con la mia famiglia progettavamo da un anno.

Nel 2015, come regalo per la mia laurea, abbiamo girato per l’UK vedendo anche alcuni luoghi della bellissima Scozia. Me ne sono innamorata definitivamente (al ritorno mi sono pure fatta un tatuaggio, il mio primo, con la scritta “Alba gu Bràth” che vuol dire “Scozia per sempre” o ” Scozia fino al Giudizio”).

Già la adoravo solo da video e foto, ma essere lì, assaporarne i profumi, i colori e (perchè no?) anche il clima particolare, mi ha fatto capitolare verso un amore che, a volte può sembrare infondato verso una nazione così diversa dalla mia, ma che sento appartenermi molto. Di ritorno da quel viaggio mi sono ripromessa che ci sarei tornata per approfondire la visita di luoghi che per motivi di tempo abbiamo dovuto tralasciare.

Poi c’è stata la malattia e questo ha stravolto tutti i piani.

Ma la Scozia mi ha accompagnato in ogni momento. Durante le sedute infinite di chemioterapia spesso avevo freddo e quindi portavo sempre con me la sciarpona di lana in TARTAN che avevo comprato ad Inverness e mi ci avvolgevo, facendomi coccolare dalla sensazione di calore che non veniva solo dalla lana, ma anche dai ricordi di quei bellissimi luoghi. Luoghi che mi apparivano ogni volta che chiudevo gli occhi quando mi dicevano di rilassarmi durante l’infusione di farmaci (che dire che ti stordiscano è davvero poco), accompagnati dalla musica tipica e dal suono meraviglioso delle cornamuse che mi suonava nelle orecchie.

E’ stata la Scozia il luogo che ho scelto quando sdraiata sul lettino operatorio, circondata da mille macchinari e persone mascherate, mi hanno detto di chiudere gli occhi e pensare ad un posto in cui sarei voluta essere.

“Signora, pensi ad una bella isola con la sabbia bianca e le palme…” “NO!” ho risposto all’infermiera “Io sto per andare nella mia amata Scozia” e detto questo ho immaginato le bellissime colline colorate che da Edimburgo accompagnano la strada che conduce a Lochness; ho visto il meraviglioso paesaggio che regala il castello di Stirling; ho visto la spiaggia di Nairn e la montagna di Ben Navis. Poi più nulla. Il nero più totale.

La paura di non riaprire più gli occhi era tanta (lo so, sono ipocondriaca, ma vi assicuro che ho imparato a non dare più nulla per scontato). Quindi quando mi sono risvegliata, mi sono ripromessa di tornare in quei luoghi che tanto mi hanno aiutato nella mia battaglia.

Non ho dovuto nemmeno dirlo ad alta voce. Un confronto avuto con mio marito durante una nostra seduta dallo psicologo (sì perché io posso sembrare forte, ma ad un certo punto ho avuto bisogno d’aiuto anche io e non mi vergogno assolutamente a dirlo…) ha fatto emergere tutte le sensazioni che ho provato durante il percorso della mia malattia e quanto la Scozia sia stata presente dentro di me. Questo ha fatto sì che dopo la visita di controllo post operatoria (andata molto bene) avvenuta sei mesi dopo l’intervento, mio marito mi ha mandato una mail con scritto:

“Alla mia guerriera: hai combattuto per tutti noi ed ora meriti di rivedere quei luoghi che tanto ami e che ti hanno supportata”

Matteo

In allegato c’era la prenotazione del volo per Edimburgo.

Non vi dico nemmeno la mia gioia: pianti, risate… insomma un mix di emozioni fortissime, assieme all’eccitazione di organizzare l’intero itinerario nelle settimane successive.

Ed eccoci arrivare al 21 luglio 2020. La mail che tanto temevo è arrivata inesorabile.

VOLO ANNULLATO.

Per carità, al 90% lo sapevo già… le notizie le seguivo assiduamente, ma la speranza, seppur minima, continuavo a coltivarla.

Niente Scozia per quest’anno.

Matteo mi ha subito consolato dicendo che ci riproveremo prossimo anno, ma io per qualche giorno ho sofferto davvero molto. Continuavo a ripetermi “Ma cos’ho fatto di male? Non ho già sofferto abbastanza? Neanche la piccola gioia di farmi tornare in Scozia posso avere?”

Finito di piangermi addosso ho poi realizzata una cosa: io non ho ancora finito. Il capitolo “malattia” non è ancora terminato.

E’ vero, i valori sono buoni e sembra non esserci più nulla, ma ho ancora un intervento che mi aspetta: al momento sono ancora “provvisoria”, le protesi che indosso sono degli espansori (che fanno pure un male cane…) e tra il ritardo causato dalla mole di emergenze che alla IEO hanno dovuto affrontare e il lockdown, l’intervento per mettere le mie belle tette definitive è passato anche nella mia mente in secondo piano. Come se mi fossi accontentata.

Ecco. La mia amata Scozia mi ha ricordato che non devo più accontentarmi!

Va bene allora, sono pronta ad affrontare il secondo intervento (sono tornata in lista d’attesa)! E giuro che per agosto del prossimo anno sarò in formissima per poter scalare il monte Ben Navis (beh, adesso forse esagero…) e poter urlare alla mia amata Scozia:

ECCOMI. SONO QUI!

Nel frattempo mi lascio emozionare dai ricordi e dalle bellissime storie di quella terra, condividendo con voi la storia di Flora McDonald e consigliandovi di andare ad ascoltare una delle mie canzoni scozzesi preferite “The Parting Glass” ( vi lascio il video con una versione davvero bella, in particolare prestate attenzione al minuto 2:32… emozione pura!)

Prima o poi riuscirò a rivedere tutto. Prima o poi tornerò!