Fuori la Voce!

Grazia n° 52 – 10 dicembre 2020

In un mondo in cui le proteste possono essere avviate comodamente da casa, ecco che da una piccola città tra i monti dell’Alto Adige una pedagogista, un nessuno nel mondo di Instagram con i suoi 1200 followers, è riuscita a far arrivare la sua voce fino alle orecchie di un giornale nazionale come “Grazia”.

Come è stato possibile?

Grazie alla diffusione e alla condivisione di persone fantastiche, per lo più donne con qualche bella sorpresa maschile.

Tutto è nato una mattina. Scorrevo le notizie dei vari giornali e mi soffermo su una in particolare che attira la mia attenzione. Il titolo mi coinvolge immediatamente: “Maestra di Torino licenziata dopo avere subito revenge porn”. Leggo l’articolo e scopro con orrore l’accaduto: una ragazza di 22 anni manda al fidanzato foto e video sessualmente espliciti; quando si lasciano lui invia questo materiale alla chat WhatsApp della sua squadra di calcetto. Comincia così la condivisione incontrollabile e in breve le immagini della ragazza si disperdono in rete fino ad arrivare all’attenzione della mamma di un bambino che frequenta la scuola in cui lavora la vittima (e ci tengo a sottolineare che è LA vittima) di revenge porn.

È forse scesa in campo per aiutarla? Certo che no. La mamma in questione va ad accusare il fatto alla direttrice della scuola, la quale licenzia la ragazza per comportamenti “non consoni per un’insegnante”.

Ecco, il sangue ha cominciato a ribollirmi nelle vene. Come coordinatrice di due strutture per l’infanzia ed ex insegnante non riesco a tollerare questa subdola ipocrisia.

Le maestre non fanno sesso secondo voi? Sì perché è questo il messaggio che si nasconde dietro a questo licenziamento.

Ma la ragazza non ha fatto altro che inviare foto e video intime al suo fidanzato per eccitarsi a vicenda, per stuzzicare la loro fantasia. Un gioco che in moltissimi al giorno d’oggi fanno.

Volgare, eccessivo, inappropriato? Forse, ma sicuramente INTIMO. E così doveva restare, non fosse che il fidanzato ha cominciato la condivisione. Quindi di chi è la colpa?

Ovviamente NON della ragazza. Dal 9 agosto 2019 esiste una legge, la n°69 che introduce in Italia il reato di Revenge Porn, con la denominazione di diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti. L’Art. 612 ter del diritto penale dice:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

Attenzione. Anche chi riceve e ricondivide il materiale è perseguibile penalmente. E non ci sono giustificazioni come “Lo facevamo per goliardia!”

No, perché dietro alle risate (o peggio) con gli amici c’è una donna umiliata, additata e considerata una svergognata dall’opinione pubblica. Tanto da perdere il lavoro perché a detta di mamme e direttrice “Una maestra non si comporta così!”

Ma davvero? Nel 2020 siamo ancora fermi a questa convinzione puritana? Spudoratamente ipocrita tra l’altro considerando quanto la fantasia della maestra sexy sia ancora nella top ten di qualsiasi uomo (o donna). Possibile che non ci possano essere vie di mezzo? Possibile che nell’immaginario collettivo un’insegnate debba essere per forza o casta o puttana?

Da insegnante e coordinatrice pedagogica mi sono sentita in dovere di far sentire la mia voce, far conoscere la mia realtà: lavoro con i bambini, ma questo non fa, e NON DEVE fare di me un’illibata verginella.

Io non sono il mio lavoro, io svolgo un lavoro (come ripete sempre mia cugina Carol).

Posso essere un’insegnate eccellente e sensibile con i bambini e poi andare a casa e sfogarmi con il mio compagno nella “stanza dei giochi” nello stile di “Cinquanta Sfumature di Grigio”. Se avviene in modo consenziente tutto è lecito in amore e nel sesso. E alle persone che mi circondano questo non deve importare. Al lavoro devo essere giudicata per il mio operato non per la mia sfera intima e personale (estranea all’interazione con utenti, colleghi e spazi lavorativi). Stop.

Se poi la mia vita privata viene sbandierata ai quattro venti da un fidanzato imbecille e ignorante allora dovrei essere supportata ed aiutata, non giudicata e addirittura allontanata.

Anche perché le stesse persone che additano sono poi quelle che in privato vanno a cercare il video in rete. Lo sapete che nella settimana in cui è avvenuto il fatto della maestra di Torino, su “PornHub”, famoso sito di materiale pornografico, al primo posto nella casella di “RICERCA” c’era proprio “maestra di torino”? Questo dovrebbe aprire gli occhi puritani di molti.

Insomma la faccenda mi ha coinvolta talmente tanto che non ho saputo resistere. Dovevo fare qualcosa. Ho deciso di scattarmi una foto con un piccolo cartello di protesta e avviare una campagna con lo scopo di far sentire meno sola la ragazza vittima di tutto questo schifo.

“SONO PEDAGOGISTA E FACCIO SESSO #ANCHELEMAESTREFANNOSESSO”

Ho preparato un post per Instagram e Facebook taggando un po’ di giornali e personaggi influenti che so particolarmente attivi su queste tematiche e poi ho pubblicato.

La reazione è stata immediata.

Il post ha raggiunto le 1000 visualizzazioni e con mio enorme stupore sul n° 52 del 10 dicembre 2020 a pagina 85 compare in bella vista la foto del mio post.

Donne che hanno dato la loro solidarietà alla maestra torinese, vittima di Revenge Porn e licenziata per lo scandalo suscitato dalla diffusione delle sue foto nuda nella chat delle mamme della scuola

Questo dimostra quanto potente sia internet e quanto possa fungere da cassa di risonanza per far sentire la propria voce.

Dimostra anche che se le donne si uniscono per una causa possono arrivare lontane.

È un’arma a doppio taglio, certo, e il revenge porn ne è una dimostrazione.

Ma la colpa non è di internet. La colpa è solo di condivide illecitamente il materiale. Teniamolo bene a mente. Denunciamo. Facciamoci sentire!

QUI IL POST INSTAGRAM se te lo sei perso